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Con piacere conviene vi descriva,
un poeta bravissimo ed amante
del mito, e della storia narrativa,
conosce ben Virgilio, Omero e Dante:
dotato di natura assai istintiva
tutto ricorda, e spiega nell'istante.
Dove cantò Colotti ebbe successo
peccato che con noi non venga spesso.
(Romanelli 1980: 83).
 
Carriettiere e coltivatore diretto originario di Tarquinia (VT), nato nel 1900 e morto nel 1992, veniva soprannominato «il mago del mito e della storia narrativa» da Romanelli. Colotti fu un fine conoscitore della mitologia classica, di Dante e della "materia di Francia". Più versato nella composizione per iscritto che nell'improvvisazione dal palco, fu autore di svariate pubblicazioni tra cui "La capanna del vaccaro" (1934); "Storia di Fiornavante e Dusolina" (1939). Nondimeno, fu anche protagonista, insieme al civitavecchiese Angelo Pezzi, più anziano, di un memorabile contrasto pubblico presso il Teatro Etrusco di Tarquinia (1936), dove si distinse uscendone vittorioso. Erede di un importante lascito librario del Marchese Falzacappa, in tarda età si produsse nella creazione di una lunga filza di "ottave cupe" di argomento mitologico, divenendo così, per la ricchezza dei suoi riferimenti letterari, uno dei protagonisti della ricerca di Kezich. Di natura molto schivo, e ancora avvolto, fino agli anni '80, nei panni frusti e scuri del vecchio contadino maremmano, Colotti si produceva in poesia solo nell'angolo più remoto di qualche fraschetta, al riparo da orecchi indiscreti. Amareggiato nell'intimo da un groviglio di vicende familiari non serene, mantenne sempre un contegno modesto e riservatissimo, all'ombra di una fede poetica che lo animava di uno zelo segreto e quasi religioso. Trascorse gli ultimi dieci anni a Pomezia, a casa di uno dei figli, in lento declino. "Con piacere conviene vi descriva, un poeta bravissimo ed amante del mito, e della storia narrativa, conosce ben Vìrgìlìo, Omero e Dante: dotato di natura assaí istintiva tutto ricorda, e spiega nell'istante. Dove cantò Colotti ebbe successo peccato che con noi non venga spesso" (Romanelli, 1980:83). Su di lui si vedano inoltre numerosi studi (Kezich 1986, Kezich 2013 e Colotti 2010).